Storie davanti al camino

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    Il Forum di Trafoi (Bz)

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    Sperando sempre di fare cosa gradita, inserisco qui alcune storie vere, racconti, leggende e favole a cui tengo.....
    Sono storie che una volta si raccontavano davanti al camino, purtroppo molti bambini di oggi non hanno il piacere di rimanere incantati ascoltando certe cose.......

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    Il racconto della Stella di Natale

    In un piccolo villaggio messicano viveva una bambina di nome Altea, Giunse la notte di Natale e tutti andarono in chiesa con un piccolo dono per Gesù» Solo Altea rimase a casa perché non aveva nulla da donargli. All'improvviso apparve un angelo. «Perché sei così triste?» chiese alla bambina."Perché non ho nulla da portare a Gesù!" rispose Altea. Allora l'angelo le disse: "Tu hai una cosa molto importante da donare a Gesù: il tuo amore. Raccogli le frasche che crescono ai bordi della strada e portale in chiesa. Vedrai, il tuo dono sarà il più bello di tutti."
    Altea fece come le aveva detto l'angelo e depose un mazzo di frasche davanti all’altare. Mentre la bambina pregava le frasche si trasformarono in una pianta meravigliosa con foglie verdi e rosse: era nata la Stella di Natale.


    Il canto del Cristallo

    C'erano una volta due sorelline che vivevano in una valle incantata. La valle era protetta da altissime montagne che d'inverno si rivestivano di neve soffice e candida, e in primavera, al disgelo, cantava di freschi ruscelli che si rincorrevano limpidi e spumosi lungo i pendii.
    Le due sorelline abitavano in una piccola baita nel bosco, ai piedi della montagna più alta, quella che - si diceva - aveva il Cuore di Cristallo, e trascorrevano la maggior parte del loro tempo in mezzo alla Natura, ascoltandone i suoni per i quali avevano una forte passione e cantando e danzando con essa. Una delle due sorelle sembrava poter vedere quello che agli occhi umani non era concesso, cioè quelle creature che popolano il bosco e i luoghi in cui la Natura è incontaminata, quegli esseri sottili ed impalpabili che la tradizione definisce "fate", "gnomi", "folletti"...il cosiddetto "Piccolo Popolo degli Spiriti della Natura", e spesso danzava con loro. L'altra sembrava che avesse il dono di ascoltarne le voci, e con loro intrecciava canti, incantandoli con la sua stessa voce e con i suoni che scaturivano da tutto ciò che toccava. Tutto sembrava sereno, nella valle, tutto sembrava scorrere in perfetta armonia. Ma un giorno giunse loro notizia che strane cose stavano accadendo. Le montagne non sembravano più così accoglienti, la valle intristiva e con essa i suoi abitanti. La Terra sbottava di soprassalto più spesso di quanto facesse un tempo...Forse la Natura manifestava i segni di quanto da tempo subiva dagli uomini...
    Sembrava che la Terra volesse dire qualcosa - o, forse, chiedere.
    Nei sogni delle due sorelline sempre più spesso la Montagna Alta, quella dal Cuore di Cristallo, compariva. Sembrava chiedere loro di mettersi in viaggio fino alle sue cime e da lì entrare nelle sue viscere, fino a raggiungere il centro del suo cuore cristallino.
    Fu così che un giorno le due sorelline si misero in viaggio, un po' incerte perché non sapevano cosa fare, una volta arrivate là. Sul cammino incontrarono uno strano individuo, un anziano dalla lunga barba bianca e dallo sguardo penetrante e azzurro come il cielo terso d'inverno.
    "Dove state andando?”
    "La valle sta soffrendo, e la Montagna Alta ci chiama fino al suo Cuore di Cristallo, ma neanche noi sappiamo perché, né cosa dovremo fare là, una volta raggiuntolo."
    "Benedette bambine!...Il Cuore della Montagna, un tempo puro e immacolato, ora è offuscato dal dolore che gli uomini, col loro agire incosciente, hanno inflitto alla Terra. La Terra soffre e la Montagna con essa...".
    L'anziano, serio, proseguì:
    "Dovete sapere che il Cuore di Cristallo della Montagna raccoglieva e incanalava le energie purissime del Cielo inviandole al centro della Terra e, viceversa, convogliava le forze della Terra verso il Cielo, creando un Ponte Sacro essenziale alla vita e all'equilibrio della valle e di tutto il pianeta.
    Chi ha creato questo mondo fa scendere le benedizioni dal Cielo sulla Terra attraverso ponti come questo, e se il cristallo è offuscato il Ponte è interrotto...
    Per ridare gioia alla valle e ai suoi abitanti bisogna ripristinare il ponte, bisogna far tornare puro e immacolato il Cuore della Montagna, e per far questo bisogna farla cantare. Il canto del
    Cristallo scioglierà tutto il dolore e il cuore della montagna tornerà a risplendere puro, riportando luce nel cuore della Terra e pace agli abitanti della valle."
    "Ma come potremo far cantare la Montagna?" chiesero allora le bambine.
    "Dovete fare in modo che il suo Cuore di Cristallo canti con voi."
    "Ma cosa dovremo cantare, per far sì che la montagna canti con noi?"
    "Dovrete cantare il Nome segreto di Chi ha creato ogni cosa e che risuona incessantemente, da sempre, nel cuore di ogni uomo. Le due sorelle si guardarono, ciascuna sperando che l'altra avesse capito, e quando volsero lo sguardo sul saggio per farsi meglio spiegare, egli era già sparito.
    Si rimisero in cammino ancor più confuse, incuranti del freddo e pensose. Erano presso la cima quando si accorsero di non esser sole, bensì circondate da creature vitree, sottili, che si confondevano con le nevi e coi ghiacci. Erano gli Spiriti a guardia della Montagna, pronti a mostrare loro il passaggio, altrimenti inaccessibile, per giungere al Cuore di Cristallo della Montagna stessa. Le due sorelle si inoltrarono nel tunnel buio, scorgendo appena il percorso che veniva loro illuminato dal pulsare di quello che pareva il cuore di questi esseri non certo umani, un cuore silenzioso come loro e come la Montagna. Finalmente giunsero al centro del Cuore della Montagna, e uno spettacolo meraviglioso apparve ai loro occhi. Una fenditura dall'alto lasciava passare un raggio di luce che si rifrangeva e moltiplicava se stesso sulle infinite sfaccettature di innumerevoli concrezioni cristalline...il Cuore della Montagna era veramente di Cristallo, di tanti cristalli stupendi che ne rivestivano le cavità silenziose, pulsanti di luce ormai debole, offuscata, che lasciava immaginare quel che l'uomo aveva inflitto alla Terra.
    Gli Spiriti della Montagna si erano radunati silenziosi attorno alle due sorelle, in attesa. Il loro cuore luminoso pulsava col debole cuore della Montagna, che sembrava potersi spegnere da un momento all'altro, per sempre. Le due sorelle si guardarono, anche loro in silenzio. In loro echeggiavano le parole dell'uomo incontrato sulla strada:"...per far cantare la Montagna, bisogna cantare il Nome segreto di Chi ha creato ogni cosa, un Nome che risuona incessantemente nel cuore dell'uomo... di ogni uomo...senza distinzione...."...il Nome segreto racchiuso nel cuore di ogni uomo...un suono!...qui tutto è silenzio... un suono che sia un canto... il suono del suo battito, il suono del battito del cuore dell'uomo farà cantare la montagna!Le due sorelle si presero le mani e le appoggiarono sul loro cuore, e cercarono di dargli voce, per far sì che tramite la loro voce arrivasse al cristallo per farlo vibrare... e il cristallo cantò, e cantò, e cantò di un canto sublime, e il dolore si sciolse e con esso l'oscurità. Man mano che si levava il canto, dal Cuore di Cristallo della Montagna la luce sembrava inondare le viscere della Terra, e in men che non si dica tutta la valle risuonava di quel canto, che si propagava da montagna a montagna. Agli occhi e alle orecchie delle due sorelline sembrava un miracolo, e danzarono di gioia, mentre continuavano a cantare quel suono che ciascuno, ignaro, custodisce nel cuore e che faceva vibrare la montagna. Forse gli uomini avrebbero continuato a devastare la Terra, forse il Cuore della Montagna avrebbe sofferto ancora e ancora una volta si sarebbe offuscato, interrompendo quel flusso di luce che dal Cielo giunge alla Terra....
    Loro avrebbero comunque cantato e fatto cantare la Montagna, e avrebbero insegnato quel canto ad altri, per riportare la serenità e la purezza del cristallo in ogni cuore, sempre.


    La storia di Fido, un cane fedele


    Quando si parla di una favola si pensa a una storia fantastica o a un mito fuori dalla realtà. La storia che vi raccontiamo è invece un fatto realmente accaduto, la storia di un cane di nome Fido vissuto nella bella valle del Mugello. Era una sera d'inverno, una notte fredda e piovosa, nel 1941, Carlo Soriani, un operaio di Luco del Mugello, frazione di Borgo S.Lorenzo, stava pedalando in sella alla sua vecchia bicicletta, su una strada stretta e fangosa,diretto verso casa.
    La stanchezza era tanta in quel povero operaio dal cuore nobile, in un'epoca di guerra feroce, in cui l'odio dilagava e sull'umanità pendeva una terribile croce. Le palpebre a stento restavano aperte, il busto chino sulla bicicletta, il respiro pian piano si faceva più lungo e affannoso, il volto languido e provato dalla fatica di chi conduceva una vita di grande sacrifici e privazioni, ai limiti della decenza, a cui si aggrappava con un irrefrenabile istinto di "vita". Il sentiero si protendeva in un buio impenetrabile allo sguardo, vaghi bagliori uscivano dalle sudice finestre e lasciavano intravedere il piccolo agglomerato di case di quel paesino di campagna. Soriani proseguiva nel suo percorso, ostacolato da lugubre raffiche di vento che ululavano e spazzavano intere pianure, rimuginando nel suo capo vuoto un unico pensiero: la speranza che col sorgere dell'alba il freddo si sarebbe fatto sentire meno.
    D'improvviso l'operaio sentì un guaito e nel greto di un torrente trovò un cucciolo ferito,lo raccolse e lo portò a casa sua dove gli prestò le prime cure e gli dette anche una cuccia. Il cagnolino, una volta guarito, si affezionò tantissimo al suo nuovo padrone che da quel giorno lo chiamò "Fido". Il cagnolino non era bravissimo a caccia, non sapeva nemmeno fare la guardia, ma ogni mattina alle 5,30 svegliava il padrone, e assieme andavano alla corriera. Alla sera, alle 19, il cane era lì in piazza. A volte il padrone scherzava, non scendeva dalla corriera. Il cane saliva e lo andava a cercare, nascosto dietro un sedile. Questo per due anni, fino alla drammatica sera del 30 dicembre 1943, un terribile incidente, durante i bombardamenti aerei avvenuti su Borgo San Lorenzo, in cui Carlo Soriani perse la vita. Fido, fedele al suo appuntamento, era lì ad aspettare anche quella sera. Il cagnolino, come al suo solito, esaminò uno ad uno tutti i viaggiatori poi saltò sulla corriera e invano cercò fra i sedili Carlo. Fido non perse la speranza di veder tornare il suo amabile padrone e per ben 14 anni si recò puntualmente all’arrivo della corriera ad aspettare, purtroppo inutilmente, che l’operaio scendesse. La sua fedeltà emozionava e faceva commuovere tutti. Anche negli ultimi anni di vita, quando le zampe non lo sorreggevano più, con le orecchie penzolanti, gli occhi annebbiati, era sempre lì ad aspettare. Nel 1957 il sindaco di Borgo insignì Fido della medaglia d’oro, con grande commozione della moglie di Soriani, presente alla cerimonia e in suo onore venne inaugurato il monumento in bronzo dello scultore Salvatore Cipolla: tutti i giornali parlarono di questo evento e quel giorno restò memorabile. Poco dopo Fido fu trovato morto sul ciglio della strada e fu seppellito vicino alla tomba del suo padrone, nel cimitero comunale di Luco del Mugello, mettendo per sempre un punto definitivo a questa straordinaria storia di amore e di fedeltà.

    www.strill.it/index.php?option=c ... w&id=99325


    La bambina intelligente

    C'era una volta... nell'immensa steppa russa, un piccolo villaggio in cui tutti gli abitanti allevavano cavalli. Era Ottobre e c'era un grande mercato nella città principale. Due fratelli, uno ricco e l'altro povero, andarono al mercato. L'uomo ricco era su uno stallone, e il povero su un ronzino. Alla sera, si fermarono entrambi in un fienile e legarono i loro cavalli fuori, prima di addormentarsi sopra il fieno. Fu grande la loro sorpresa quando, il mattino dopo videro tre cavalli fuori, invece che due. Il nuovo arrivato era un puledro, nato durante la notte. E' mio!, esclamò Dimitri, il fratello ricco, appena lo vide. E' il figlio del mio stallone! Ivan, il fratello povero disse allora: Per me è del mio ronzino! I due fratelli cominciarono a litigare, poi decisero di andare in città e portare la questione in giudizio. Ancora litigando, giunsero al tribunale. Quello era però un giorno speciale, perché era lo stesso Zar ad amministrare la legge. L'Imperatore stava per dichiararsi in favore del fratello povero, quando di colpo Ivan strizzò sfortunatamente un occhio. L'Imperatore fu offeso dalla sua confidenza e decise di punirlo per la sua mancanza di rispetto. Dopo aver ascoltato le due versioni della storia, dichiarò che era difficile, per non dire impossibile, dire esattamente chi era il vero proprietario del puledro. E dato che voleva divertirsi, ed amava porre quesiti, disse: Non posso decidere chi di voi due debba avere il puledro, così premierò chi risolverà i seguenti quattro indovinelli: qual è la cosa più veloce al mondo? Quale la più grossa? Qual è la più leggera e quale la più preziosa? Vi ordina di tornare al palazzo tra una settimana con le vostre risposte! Dimitri iniziò a pensare sulle risposte subito dopo aver lasciato la corte. Mentre tornava a casa, si rese conto che nessuno poteva aiutarlo.
    Si ricordò che la sua vicina di casa gli doveva dei favori ed andò a chiedere a lei, che gli rispose: La cosa più veloce al mondo è il cavallo di mio marito. Nessuno può raggiungerlo! La più grassa è il nostro maiale! Non ho mai visto una bestia così grande! La più soffice è la coperta che ho fatto per il mio letto, usando le piume della mia oca. Tutti i miei amici la invidiano. La cosa più preziosa al mondo è il mio nipotino di tre mesi. Non esiste un bambino più bello. Non lo cambierei per tutto l'oro al mondo, e questo lo rende la cosa più preziosa!
    Dimitri dubitava molto della risposta della donna. D'altro canto, doveva presentare una soluzione all'Imperatore. E sapeva, che se non l'avesse fatto, sarebbe stato punito. Anche Ivan, che era vedovo, era tornato alla sua casina dove viveva con la figlioletta. La bambina, pur avendo solo sette anni, era spesso lasciata sola, e di conseguenza era molto intelligente per la sua età. Il pover uomo si confidò con lei, perché come il fratello non era capace di trovare la risposta da sola. La bimba sedette in silenzio per un attimo, poi disse: Di allo Zar che la cosa più veloce al mondo è il vento freddo del nord in inverno. La più grassa è il terreno dei nostri campi i cui raccolti danno da vivere ad uomini ed animali, la più morbida è la carezza di un bimbo e la più preziosa è l'onestà. Venne il giorno in cui i due fratelli dovevano tornare dall'Imperatore. Furono condotti in sua presenza. L'Imperatore era curioso di sapere cosa avevano da dire, ma si mise a ridere di fronte alle assurde risposte di Dimitri. Quando fu il turno di Ivan, l'Imperatore aggrottò le ciglia. Le sagge risposte del povero lo turbarono, soprattutto l'ultima, sull'onestà, la cosa più preziosa. L'Imperatore sapeva perfettamente che era stato disonesto con il fratello povero, perché gli aveva negato giustizia. Ma non poteva ammetterlo di fronte ai suoi consiglieri, così gli chiese con rabbia:Chi ti ha consigliato queste risposte?. Ivan disse che era stata la sua figlioletta. Ancora seccato, l'Imperatore disse:Dovresti essere ricompensato per avere una figlia così intelligente. Dovresti avere il puledro che tuo fratello chiede, con cento ducati d'argento. Ma... dovrai venire qui tra una settimana, con tua figlia. E se è così intelligente, dovrà venire da me né nuda né vestita, né a piedi né a cavallo, né con doni né a mani vuote. E se farà questo, avrai la tua ricompensa. Altrimenti, avrai la testa tagliata! Ivan tornò a casa disperato. Ma sua figlia gli disse: Domani, prendi una lepre e una pernice. Entrambe vive. Avrai il puledro e i cento ducati! Lascia fare a me! Ivan fece quello che sua figlia aveva detto. Non aveva idea di quali fossero le sue intenzioni, ma aveva fiducia nella saggezza della figlia. Il giorno dell'udienza con lo Zar, il palazzo era affollatissimo. Arrivò la bambina, vestita con una rete da pesca, cavalcando la lepre e tenendo la pernice in mano. Non era né nuda né vestita, né a piedi né a cavallo. Lo Zar disse:Avevo detto niente regali né mani nude! A queste parole, la bambina lasciò andare la pernice. Lo Zar cercò di afferrarla, ma la pernice fuggì. Anche la terza condizione era stata rispettata. Lo Zar non poteva non ammirare la bambina e disse:Tuo padre è povero ed ha bisogno del puledro? Sì, viviamo delle lepri che pesca nel fiume e dei pesci che raccoglie dagli alberi! Ah!, disse lo Zar, così non sei poi così intelligente! Chi ha mai sentito parlare di lepri nei fiumi e pesci sugli alberi! La bambina rispose:
    E chi ha mai sentito di uno stallone che ha un puledro? E allora, sia lo Zar che la Corte scoppiarono a ridere. Ad Ivan furono dati subito il puledro e i ducati, e lo Zar disse:Solo nel mio regno poteva nascere una bambina così intelligente!

    La regina delle nevi
    di H. C. Andersen

    Tanto, tanto tempo fa, c’erano un bambino chiamato Kai e una bambina chiamata Gerda. Vivevano porta a porta e si volevano molto bene. Fra le due case c’era un giardino nel quale i due ragazzi giocavano tutta l’estate tra i fiori. Il fiore preferito di Gerda era la rosa e lei aveva perfino inventato una poesia dedicata a Kai:«Le rose non perdono il profumo mai e amici per sempre saran Gerda e Kai.» Durante l’inverno, sedevano accanto alla stufa ad ascoltare le storie che la nonna di Kai narrava sulla perfida Regina delle Nevi:«Vola nella grandine e ricopre i campi di neve. Paralizza i fiori con la brina e ghiaccia i fiumi. Il suo cuore è di ghiaccio e vorrebbe che anche quello degli altri fosse come il suo.»Una sera, mentre la nonna parlava, il vento fischiava intorno alla casa e una finestra si spalancò. Una folata di grandine colpì Kai al viso e una scheggia di ghiaccio gli entrò in un occhio e gli arrivò fino al cuore. Lì per lì Kai dette un grido di dolore. Ma pochi momenti dopo stava ridendo di nuovo. E Gerda non ci pensò più. Il giorno dopo, Kai stava andando a giocare nella piazza del paese con gli altri ragazzi.«Posso venire anch’io?» gli chiese Gerda. Ma Kai si rivoltò con uno scatto: «No davvero. Sei solo una ragazzina stupida.»
    Gerda rimase molto ferita da queste parole. Ma come poteva sapere che la scheggia penetrata nel cuore di Kai glielo aveva reso di ghiaccio?Uno dei giochi favoriti dai ragazzi era quello di legare gli slittini ai carri dei contadini e farsi così trascinare sulla neve. Ma quel giorno, sulla piazza, c’era una grossa slitta bianca, col conducente avvolto in una bianca pelliccia.«Questo è meglio del carro dei contadini», pensò Kai e legò il suo slittino alla parte posteriore della slitta bianca.
    La slitta si mosse, sempre più veloce finché Kai cominciò a spaventarsi. Voleva slegarla, ma non poteva sciogliere il nodo. Correvano sempre più lontano,oltre i confini del paese, volando nel vento.«Aiuto! Aiuto!» gridava Kai, ma nessuno lo sentiva. Filarono via per ore, poi all’improvviso la slitta si fermò e il conducente si alzò in piedi. Era una donna alta e sottile vestita tutta di neve. Kai la riconobbe subito. Era la Regina delle Nevi! Mise Kai sulla slitta vicino a lei e lo avviluppò nel suo mantello. «Tu hai freddo», disse e lo baciò in fronte. Il suo bacio era come il ghiaccio, ma lui non sentì più freddo. La guardava e pensava che nessuna al mondo fosse più bella della Regina delle Nevi. Infatti era stata proprio lei a mandare il vento che aveva fatto entrare il ghiacciolo nel cuore di Kai, che ora era un blocco di ghiaccio. Kai aveva già dimenticato Gerda, la nonna e la sua casa.
    Gerda pianse amaramente quando Kai non tornò a casa. Tutti dicevano che era sicuramente morto, sepolto chissà dove nella neve. Gerda aspettò tutto l’inverno, ma Kai non tornò. Alla fine, arrivò la primavera e Gerda ricevette in dono un paio di scarpette rosse. Se le mise e andò fino al grande fiume.«Avete visto il mio amico Kai?» chiese alle onde. «Vi darò le mie scarpette rosse se mi dite dov’è.» Le onde annuirono con le loro creste spumeggianti. Essa allora montò su una piccola barca attraccata fra le canne, e lanciò le scarpe nell’acqua, più lontano che poté. In quel mentre, la barca si allontanò dalla riva e cominciò a correre lungo il fiume. Gerda aveva paura, ma non osava saltar giù.«Forse la barca mi porterà da Kai», pensò. La barca trascinò Gerda giù lungo il fiume, fino a una casetta dal tetto di paglia circondata da un giardino di ciliegi. Una strana vecchia signora, con un gran cappello in testa, uscì dalla casetta e con il suo lungo bastone ricurvo agganciò la barchetta e la tirò in secco.«Povera bambina», disse a Gerda. «Come mai stavi navigando tutta sola per il mondo?» Gerda raccontò la sua storia alla vecchia signora e le chiese se per caso avesse visto Kai. «Ancora non l’ho visto, cara, ma sono sicura che verrà molto presto.» La portò in casa e le offrì delle ciliege. E mentre Gerda mangiava, la vecchia signora le pettinava i capelli. Ora, dovete sapere che in verità la vecchia signora era una maga, che si sentiva molto sola, e perciò desiderava tenere Gerda con sé. E con il suo pettine magico aveva cancellato tutti i suoi ricordi, perfino quello di Kai!I giorni passavano e Gerda giocava nel giardino dei ciliegi.Ma, una mattina di sole, mentre girellava tra i fiori del giardino, vide un cespuglio pieno di boccioli di rose. Gerda baciò le rose con trasporto e si ricordò immediatamente di Kai.
    «Sono rimasta qui troppo a lungo!» gridò e la sua voce disturbò una grossa cornacchia nera che gracchiò:«Che succede ragazzina?»«Devo trovare il mio amico Kai. L’hai forse visto?»«Un ragazzo è passato di qui la settimana scorsa. Ha fatto innamorare di sé una principessa e ora è principe anche lui. Vivono in un bel palazzo non lontano da qui.»«Oh, sarei proprio felice per Kai se fosse diventato un principe», rise Gerda. «Puoi mostrarmi la strada per raggiungerlo?»E la cornacchia accompagnò Gerda fino al palazzo. Poi si appollaiò sulla sua spalla e insieme salirono su una lunga scala buia e arrivarono nella camera del principe.
    Gerda guardò il principe addormentato e scoppiò in lacrime: «Ma non è Kai! Dovrò continuare a cercarlo e sono così stanca!»Il suo pianto svegliò il giovane principe e la principessa che si stupirono moltissimo alla vista di una fanciulla in lacrime ai piedi del loro letto e con una cornacchia sulla spalla, per di più. Ma ascoltata la sua storia furono molto comprensivi.«Ti darò il mio vestito più bello per rallegrarti» disse la principessa.«E io ti darò il mio cocchio d’oro» disse il principe, «così potrai viaggiare più velocemente e trovare al più presto il tuo amico.»Con la carrozza del principe, Gerda si avventurò in una cupa foresta, ma la vettura dorata riluceva troppo fra gli alberi e dei banditi la videro.«È oro, oro!» gridavano, e al primo crocicchio la circondarono.Tirarono giù Gerda dalla carrozza e la portarono nel loro covo. Sulla soglia c’era una bambina dagli occhi neri che era la figlia del capo dei banditi.
    Quando si resero conto che Gerda non era una ricca principessa e che non c’era niente da rubarle, decisero di ucciderla. «Oh no, non lo fate!» gridò la figlia del bandito. «Giocherà con me e io potrò indossare i suoi bei vestiti!»
    Il capo dei banditi si accigliò. «Va bene, ma la terrò sotto chiave perché non scappi e non denunci il nostro nascondiglio.»Quella sera Gerda raccontò alla sua nuova amica la storia di Kai. Mentre parlava, le colombe che stavano appollaiate sulle travi e una vecchia renna, sentirono tutto. Dopo un po’ una delle colombe disse: «Cuu, cuu, noi abbiamo visto il piccolo Kai. Era sulla slitta della Regina delle Nevi e andava verso la Lapponia.»«È vero», disse la renna. «Io ci sono nata in Lapponia, dove tutto scintilla di neve e di ghiaccio e la Regina ha il suo palazzo estivo.»
    «Devo andarci subito!» esclamò Gerda. «Ora capisco perché Kai è stato così duro quel giorno. Il suo cuore era già di ghiaccio.»I ladroni dormivano; la figlia del capo scivolò furtivamente vicino al padre che russava e gli rubò la chiave della porta.
    «Porta Gerda in Lapponia» disse alla renna «E aiutala a ritrovare Kai.»
    La renna era felicissima di tornare a casa sua e corse via per brughiere e paludi. Viaggiarono per diversi giorni e infine arrivarono nella gelida Lapponia. Faceva un freddo terribile e dappertutto c’era ghiaccio e neve.«Guarda laggiù!» gridò Gerda. In lontananza, il palazzo estivo della Regina delle Nevi scintillava come una montagna di diamanti. Intanto, nel Palazzo, la Regina aveva fatto di Kai il suo schiavo. Era una donna fredda e dispettosa e lo costringeva a lucidare continuamente i grandi pavimenti gelati. Kai avrebbe pianto, se il suo cuore non fosse stato di ghiaccio. Poi un giorno la Regina delle Nevi dette a Kai dei ghiaccioli e gli disse:
    «Se con questi riesci a formare la parola ETERNITÀ, può anche darsi che ti lasci libero.» Poi volò via. Kai venne lasciato solo con i ghiaccioli. Le sue mani erano livide dal gelo ma lui non sentiva freddo. Stava ancora tentando di formare la parola ETERNITÀ quando Gerda trovò la strada che conduceva al palazzo e alla grande sala ghiacciata.«Kai» gridò. «Finalmente ti ho trovato!» E gli gettò le braccia al collo. Ma Kai rimase impassibile.«Chi sei? Che ci fai qui? Vattene e non mi toccare.» Gerda non gli diede retta. Malgrado gli sguardi ostili continuò a stringerlo a sé e pianse lacrime di gioia. E mentre piangeva, le sue lacrime calde caddero negli occhi di Kai... e sciolsero il ghiaccio del suo cuore. Kai si ricordò subito di lei. «Gerda! Sei tu!» e finalmente rideva. Si abbracciarono e si baciarono e danzarono di gioia. Anche i pezzettini di ghiaccio danzavano e composero da soli la parola ETERNITÀ sul pavimento.«Ora sono libero!» gridò Kai. «La Regina delle Nevi non ha più potere su di me. Il mio cuore è di nuovo mio!» Gerda guidò Kai dove la renna stava aspettando. Sulla sua groppa fecero il viaggio di ritorno e quando arrivarono a casa era di nuovo estate. E le rose del giardino erano in piena fioritura.

    Fai cosa ti dice il cuore
    Charlie Chaplin-


    C'era una volta una coppia con un figlio di 12 anni e un asino. Decisero di viaggiare, di lavorare e di conoscere il mondo. Così partirono tutti e tre con il loro asino.
    Arrivati nel primo paese, la gente commentava: "guardate quel ragazzo quanto è maleducato...lui sull'asino e i poveri genitori, già anziani, che
    lo tirano"
    Allora la moglie disse a suo marito: "non permettiamo che la gente parli male di nostro figlio."

    Il marito lo fece scendere e salì sull'asino.
    Arrivati al secondo paese, la gente mormorava: "guardate che svergognato quel tipo...lascia che il ragazzo e la povera moglie tirino l'asino, mentre lui vi sta comodamente in groppa."
    Allora, presero la decisione di far salire la moglie, mentre padre e figlio tenevano le redini per tirare l'asino.
    Arrivati al terzo paese, la gente commentava: "pover'uomo! Dopo aver lavorato tutto il giorno, lascia che la moglie salga sull'asino. E povero
    figlio. Chissà cosa gli spetta, con una madre del genere! Allora si misero d'accordo e decisero di sedersi tutti e tre sull'asino per cominciare nuovamente il pellegrinaggio.
    Arrivati al paese successivo, ascoltarono cosa diceva la gente del paese: sono delle bestie, più bestie dell'asino che li porta. gli spaccheranno la
    schiena! Alla fine, decisero di scendere tutti e camminare insieme all'asino ma, passando per il paese seguente, non potevano credere a ciò che le voci dicevano ridendo: guarda quei tre idioti; camminano, anche se hanno un asino che potrebbe portarli!
    Conclusione: ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa andare bene come sei.
    Quindi: vivi come credi.
    Fai cosa ti dice il cuore...ciò che vuoi...una vita è un'opera di teatro che non ha prove iniziali. Quindi: canta, ridi, balla, ama...e vivi intensamente ogni momento della tua vita...prima che cali il sipario e l'opera finisca senza applausi.


    Il gigante egoista

    Una mattina il Gigante se ne stava sveglio nel letto quando udì una bella musica. Era un piccolo fanello che cantava fuori dalla sua finestra, ma era così tanto tempo che non sentiva cantare un uccello nel suo giardino, che questa gli sembrò la più bella musica del mondo. Allora la Grandine interruppe la danza sulla sua testa, e il Vento del Nord smise di ruggire, e un profumo delizioso lo raggiunse dalla finestra aperta. Che cosa vide? Attraverso un piccolo buco nel muro si erano intrufolati i bambini, e ora stavano seduti sui rami degli alberi. Su ogni ramo che poteva vedere c'era un bambino. E gli alberi erano talmente contenti di aver riavuto i bambini, che si erano coperti di fiori, e facevano ondeggiare delicatamente le loro braccia sul capo dei bambini. Gli uccelli volavano qua e là cinguettando di piacere, e i fiori guardavano all'insù attraverso l'erba verde e ridevano. Era una scena bellissima, solo in un angolo era ancora inverno. Era l'angolo più lontano del giardino, e lì se ne stava, in piedi, un ragazzino. Era così piccolo che non riusciva a raggiungere i rami dell'albero, e vi girava tutto intorno, piangendo amaramente. Il povero albero era coperto di ghiaccio e di neve, e il Vento del Nord soffiava e ruggiva su di lui. "Sali, bambino!" diceva l'Albero, e piegava i rami più in basso che poteva; ma il bambino era minuscolo.

    E il cuore del Gigante si intenerì non appena guardò fuori. "Ora so perché la Primavera non voleva venire qui. - disse - Metterò quel bambinetto in cima all'albero, e poi abbatterò il muro, e il mio giardino diventerà un parco giochi per i bambini, per sempre". Era davvero molto dispiaciuto per quello che aveva fatto.
    Così scese piano di sotto e aprì la porta senza far rumore, e uscì in giardino. Ma quando i bambini lo videro si spaventarono tanto che corsero via, e nel giardino tornò l'inverno. Solo il bambino più piccolo non fuggì, e il Gigante lo prese delicatamente in braccio, e lo posò sull'albero. E l'albero cominciò improvvisamente a fiorire, e gli uccelli vi si posarono e cantavano, e il bambino tese le braccia e le gettò al collo del Gigante, e lo baciò. E quando gli altri bambini videro che il Gigante non era più cattivo, tornarono indietro di corsa, e con loro tornò la Primavera. "Ora è il vostro giardino, bambini" disse il Gigante, e prese una grande ascia e abbatté il muro.
    Tutto il giorno giocarono, e la sera andarono dal Gigante per salutarlo. "Ma dov'è il vostro piccolo compagno?" disse questi: "il bambino che ho messo sull'albero". Il Gigante gli voleva bene più che a tutti gli altri perché lo aveva baciato. "Non lo sappiamo" risposero i bambini "è andato via". "Dovete dirgli di venire qui domani" disse il Gigante. Ma i bambini dissero che non sapevano dove viveva e che non lo avevano mai visto prima. Il Gigante si sentì molto triste: "Come mi piacerebbe rivederlo!" ripeteva.

    Passarono gli anni, e il Gigante divenne molto vecchio e debole. Non poteva più giocare, perciò si sedeva in una grande poltrona e guardava i bambini intenti a giocare, e ammirava il suo giardino. "Ho tanti bei fiori" diceva"ma i bambini sono i fiori più belli di tutti". Una mattina d'inverno guardò fuori dalla finestra mentre si vestiva. Ora non odiava l'Inverno, perché sapeva che era soltanto la Primavera addormentata, e che i fiori stavano riposando. D'improvviso si strofinò gli occhi dalla meraviglia e guardò e guardò. Era certo una vista meravigliosa. Nell'angolo più lontano del giardino c'era un albero coperto di bellissimi fiori bianchi. I suoi rami erano tutti d'oro, e pendevano frutti d'argento, e sotto c'era il ragazzino cui aveva voluto tanto bene. Il Gigante corse giù pieno di gioia, e uscì in giardino Si affrettò attraverso il prato, e si avvicinò al bambino. E quando giunse vicino al suo viso diventò rosso dall'ira e disse, "Chi ha osato ferirti?" Perché sulle palme delle mani del bambino c'erano i segni di due chiodi, e i segni di due chiodi erano sui suoi piedini. "Chi ha osato ferirti?" gridò il Gigante, "dimmelo, ch'io possa prendere la mia grande spada e ucciderlo" "No" rispose il bambino: "queste sono le ferite dell'Amore". "Chi sei tu?" disse il Gigante, e uno strano timore lo prese, e si inginocchiò davanti al bambino. E il bambino sorrise al Gigante, e gli disse, "Tu mi hai lasciato giocare una volta nel tuo giardino, oggi verrai con me nel mio giardino, che è il Paradiso". E quando i bambini corsero a giocare quel pomeriggio, trovarono il Gigante che giaceva morto sotto l'albero, tutto coperto di fiori bianchi.

    Oscar Wilde


    La regina del bosco

    La grande quercia del bosco era molto vecchia. Nella corteccia del tronco e dei rami, i solchi lasciati dal tempo erano profondi. Non sapeva ancora quanto le rimanesse da vivere. Un tempo era stata eletta regina del bosco, non solo per la sua grandezza, ma anche per la sua bontà. Nel folto della sua chioma, come un grande mamma teneva i nidi degli uccellini Li riparava dal freddo e dal vento, durante l’inverno, e dalla calura nelle giornate estive. Il suo impegno era quello di mantenere l’ordine e la giustizia affinché nel bosco tutto funzionasse a dovere. Ma ora era giunto il tempo di lasciare la corona. Voglio eleggere il mio successore –disse – per fare questo ho bisogno di aiuto, chiamerò i miei amici uccellini. Detto questo diede un forte scossone alla sua chioma e da questa uscirono cinguettando spaventati un gran numero di uccellini dai più svariati colori.
    -Ho bisogno di voi – disse la quercia- voglio affidarvi un compito. Gli uccellini ripresisi dallo spavento si fermarono sui rami ad ascoltare. Voglio riunire tutti gli alberi –disse la quercia- per nominare il mio successore. Andate e dite ad ognuno che questa sera al chiarore della luna piena ci sarà una grande assemblea. Gli uccellini fecero quello che gli aveva chiesto la quercia; nel bosco, intanto, si spargeva la notizia che mise in allarme tutte le piante. Ogni albero era convinto di possedere le migliori qualità, e perciò si sentiva in diritto di essere eletto. C’era chi si vantava di avere un bel tronco lungo e diritto, chi una grande e folta chioma, altri ritenevano di far maturare dei frutti meravigliosi. Per migliorare il loro aspetto, gli alberi chiamarono in aiuto alcuni animaletti .Gli scoiattoli con la coda, si misero a lucidare il tronco del loro albero preferito e per fare questo salivano e scendevano dall’albero. Il picchio lavorò incessantemente tutto il giorno picchiettando per mangiare tutte le larve e i vermetti .Venne la notte, la luna era già alta nel cielo e i suoi raggi rendevano scintillanti le foglie degli alberi bagnate dall’umidità della sera. La grande quercia dalla sua posizione riusciva a vedere tutti perché si trovava proprio in cima ad una collinetta. Bene –disse- vedo che siete tutti pronti! Sapete perché vi ho chiamato; ora vorrei sentire le vostre voci. Il carpino fu il primo a prendere la parola.- Cara quercia, ci dispiace molto che tu abbia deciso di non governarci più; sono convinto che non avrai difficoltà nella scelta di colui che continuerà a governare con la tua stessa saggezza e lo stesso impegno. E’un impegno faticoso, che richiede un albero dal legno duro, tenace e compatto che sia in grado di combattere le avversità, e tu lo sai che io possiedo tutte queste qualità.- Hai dimenticato una cosa! - disse il tiglio che si trovava poco distante .Io vivo molti anni, anzi decenni, e questo mi sembra un aspetto da non sottovalutare…potrei governare a lungo. Non dimenticate l’altezza – disse il pino – il mio sguardo arriva fino al mare, da quassù potrei controllare ogni cosa. La grande quercia ascoltava attentamente mentre la luna osservava perplessa. Il gufo saggio che se ne stava appollaiato su un ramo scuoteva la testa.- Puoi parlare !- disse la quercia- mi sarebbe utile un tuo consiglio. Da molti anni vivo in questo bosco -disse il gufo - conosco tutti gli alberi, i loro pregi e i loro difetti. Non c’è nessuno che sia perfetto, ognuno ha qualcosa di diverso ed è questo che li rende unici e speciali. Tutti sono utili per la nostra sopravvivenza, nei tronchi troviamo riparo, nei rami si costruiscono i nidi, i frutti degli alberi ci sfamano, le gemme e i fiori profumati servono alle api per il loro miele delizioso. Ti ringrazio caro gufo, le tue parole mi hanno fatto riflettere -disse la quercia – e prima di prendere una decisione voglio pensarci bene. Intanto vicino ad una siepe, al limitare del bosco un cipresso e un coniglio chiacchieravano animatamente: - Fatti avanti –diceva il coniglio- che cosa aspetti a parlare?!Ma io di che cosa posso vantarmi ?- rispose il cipresso- che per parlare con il suo amico stava piegato quasi fino a toccare la punta per terra. Io ti conosco bene - disse il coniglio – tu non ami il chiasso e le chiacchiere inutili. E’ vero che vivi in disparte, un po’ isolato, ma non per questo non conosci il bosco! Tu non parli molto, ma ascolti tanto, sei onesto e saggio e chi ha bisogno può contare sul tuo aiuto. E’ vero, è cosi!’- dissero in coro la volpe, l’orso, il riccio e gli altri animaletti che avevano ascoltato la conversazione-. Il nostro amico cipresso ha un grande cuore, noi vogliamo che ci accudisca e ci governi. Erano queste le parole che la grande quercia voleva sentire e così prese la sua decisione e fece diventare il timido cipresso il re del bosco. La luna nel cielo sorrise compiaciuta e poi stanca, se ne andò a dormire, lasciando il posto ai primi deboli raggi di sole.

    www.maestrasandra.it/fiabe.htm#acqua

    La leggenda del fantasma del Grande Lago Piangrande

    Si narra che in tempi lontani, dodicesimo secolo, nei pressi di un paese toscano di nome Certaldo, vivesse una nobile famiglia: i Conti Degli Alberti...siamo in tempi in cui la nascita di un figlio "illegittimo" causava notevoli disagi e vergogne all'interno di una famiglia Nobile...ebbene, il giovane Filippo portava il peso di un grande segreto, era il figlio illegittimo del Conte Alberto Degli Alberti, il di Lui Castello si ergeva nel paese di Certaldo. Il giovane Conte Filippo soffriva di una gravissima malattia alle gambe che lentamente lo stava portando all'infermità, aveva consultato molti medici ma la scarsa conoscenza medica del tempo non era molto risolutiva ed il giovane Conte peggiorava di giorno in giorno. Quella sera aveva deciso di farla finita gettandosi tra le acque gelide del Grande Lago (il Lago di Piangrande appunto!) che da ragazzo aveva tanto amato per la sua posizione tra le ridenti colline della zona, dove soleva scorrazzare con le donzelle di paese. Si vestì con vestiti bianchi come lui amava tanto indossare, si soffermò sulle rive per dare l'ultimo saluto alla sua terra, quando dalle acque in prossimità del canneto avvistò una fioca luce azzurrognola addensarsi in una sorta di nube assumendo l'immagine di una bellissima donna che al posto delle gambe aveva una specie di pinna tanto da sembrare una "sirena"...si consideri che l'epoca imponeva un'elementare interpretazione di questo tipo di fenomeni da parte della gente, dovuto alla semplicità d'animo che caratterizza i popoli antichi...
    La bella "sirena" iniziò come una sorta di telepatico dialogo col giovane Conte Filippo, esortandolo a tuffarsi nel gelido e grande lago dicendogli che sul fondo esisteva del fango caldissimo che lo avrebbe guarito: Filippo si buttò senza esitazione immergendo le gambe nel fango, uscendo dal lago sentì subito una nuova forza impossessarsi delle sue membra, dopo pochi giorni come per miracolo riuscì nuovamente a camminare e col passare del tempo riuscì persino ad uscire di casa senza la sua sedia a rotelle. Ritornò al Lago Di Piangrande nelle sere seguenti e per molti giorni ancora ma dell'affascinante fantasma non ve ne fu più traccia alcuna finchè...una sera di primavera la gente del paese di Certaldo, vide il giovane Conte Filippo Degli Alberti andare verso il Grande Lago...senza farne più ritorno! Era la notte del 13 aprile 1.107, la notte di San Martino...leggenda o verità che sia: I vecchi del paese di Certaldo raccontano che il fantasma del giovane Conte Filippo si aggira ancora oggi nelle sere di primavera, lungo le sponde del grande lago; e le donne della zona testimoniano che mentre i loro uomini si dedicano alla pesca all'imbrunire, vedono strane luci diafane elevarsi dalle acque vicino al canneto e strane voci sommesse accompagnano una danza impercettibile tra due ombre: di una donna bellissima con le sembianze di una sirena ed un uomo vestito di bianco..."

    Un bel sito ove potete trovare tante altre storie e fiabe

    www.raccontiepoesie.org/Indici/F ... _Fiabe.htm
     
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